Lungi dal voler fare stucchevoli lezioncine di moralità, non credo che possano esserci dubbi sul fatto che Gandolfo Librizzi, sindaco di Polizzi Generosa, ha commesso un errore. D’altra parte lui per primo ne è pienamente consapevole, essendosi per tempo scusato con la sua comunità. Il fatto che non sia stato il solo ad ottenere una vaccinazione non dovuta non cambia il tenore della vicenda. Non vale in questo caso il detto “mal comune mezzo gaudio” anche perché, per motivi che rimarranno misteriosi, a lui è toccato il compito di portare la croce per tutti gli amministratori pubblici italiani che, più o meno incautamente, si sono vaccinati, pur non avendone diritto. E sono tanti.
Il 71enne presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, giusto per fare un esempio, lo ha fatto pubblicamente, a favore di camera. Com’è nel suo stile. Lo ha fatto anche il sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi, che dopo il deposito di un fascicolo dei NAS al Tribunale di Termini Imerese, si è dimesso. Lo hanno fatto decine, se non centinaia, di altri amministratori pubblici che, fortuna loro, non sono stati beccati dalle solerti telecamere del bel programma di La7, dotate di una rarissima bussola che predilige puntare verso il sud e con una particolare “simpatia” per le Madonie. Un luogo che noi credevamo sano e che invece scopriamo popolato di loschi figuri, abietti ed omertosi, per parola di Rosario Crocetta (che però non la pensava così quando gironzolava da queste parti in cerca di voti).
L’errore, voglio essere chiaro su questo punto, a mio avviso riguarda la prima vaccinazione. La vicenda del richiamo non sorprende chi ha l’abitudine di informarsi prima di esprimere giudizi. C’è stato un momento in cui l’indirizzo adottato dall’ASP di Palermo è stato quello – a mio avviso condivisibile – di procedere con la seconda somministrazione, per non sprecare neanche una dose. Solo dopo che sulla vicenda si sono accesi i riflettori della stampa è arrivato il “niet” al richiamo. Solo che quel richiamo, in molti, incluso il sindaco di Polizzi, lo avevano già fatto. Una corretta informazione avrebbe dovuto sottolineare questo aspetto per nulla secondario.
Caro sindaco, ora, sulla scia di quanto accade a Corleone, si dibatte dell’opportunità delle sue dimissioni. Non scherziamo! Il compito che i suoi concittadini le hanno assegnato è lungo e gravoso. Ogni giorno c’è un’emergenza da affrontare, come sanno bene anche i consiglieri che siedono fra i banchi dell’opposizione che non hanno fatto mancare critiche, severe, pungenti, ma non si sono spinti oltre. Non hanno chiesto le sue dimissioni. Un comportamento che chi scrive ritiene assolutamente appropriato e calibrato alla situazione che, invertendo il famoso motto coniato da Ennio Flaiano, “è seria ma non è grave”. Se a chiedere la sua testa, in uno show televisivo è solo Rosario Crocetta, stia sereno, l’opinione del perito chimico gelese valeva poco al tempo in cui occupava la presidenza della Regione, figuriamoci oggi.
Sarebbe ben più grave per Polizzi ed i polizzani essere costretti ad un nuovo e lungo commissariamento. Quel bellissimo paese, patria di Rampolla e di Borgese, che Massimo Giletti non conosce e che farebbe bene a visitare (anche senza giubbotto antiproiettili) ha già pagato il suo tributo, ha già avuto i commissari a palazzo e nessuno ne sente la nostalgia. Un vaccino non può fermare la democrazia. Come un silenzio imbarazzato o una porta sbattuta in faccia ad uno sconosciuto, non cambiano la storia di una comunità, anzi di due, considerato che nel calderone dello “scandalo” è finita anche Petralia Sottana.
Sarò all’antica ma non ho mai pensato che sbattere un microfono in faccia ad un passante sia un modo corretto di fare informazione, men che meno lo è attaccarsi al citofono di un qualsiasi libero cittadino per estorcere qualche parola. Secondo voi, quando Mario Francese intervistò Ninetta Bagarella, in uno dei pezzi di giornalismo più belli della storia del nostro paese, si presentò davanti casa all’improvviso? E Biagi, quando intervistò Cutolo o Buscetta? lavori straordinari, ma concordati e programmati. E parliamo di feroci criminali, non di “furbetti del vaccino”. Se l’obiettivo dell’intervistatore è la verità occorre avere rispetto dell’intervistato, chiunque esso sia. Altrimenti non è giornalismo, è un agguato, buono per lo show, per far schizzare i dati dello share, ma non aiuta la verità.
Come non aiuta la verità buttare una giusta e doverosa inchiesta in caciara. Come accade quando si sparge discredito sui medici del servizio veterinario del distretto 35 di Petralia Sottana. Quello “scandaloso” vaccino era un loro preciso diritto, considerato che, fino allo spostamento presso altri locali, tutto lo staff doveva entrare ed uscire dal Covid Hospital di Petralia per ragioni di lavoro. Quel vaccino, che ad una voce anonima ha dato tanto fastidio, non era solo un diritto ma anche un preciso dovere per quei veterinari ingiustamente messi alla gogna. Per cui adesso, caro Giletti, basta con lo show. La verità, vi prego, sui vaccini.