L’avvocato Francesco Giunta era incandidabile alla carica di sindaco del Comune di Termini Imerese. Questo il senso della sentenza della Corte d’Appello che riforma la sentenza di primo grado riaprendo una ferita in realtà mai rimarginata nella tormentata storia politica termitana.
Una vicenda giudiziaria particolare perché, nel corso del processo di Appello (intentato dai difensori di Vincenzo Fasone, soccombente in primo grado) il sindaco Giunta, raggiunto da un avviso di garanzia, si era dimesso (leggi qui), facendo venire meno l’oggetto del contendere. La Corte ha quindi avvisato le parti, ma il difensore dell’ex sindaco ed attuale assessore regionale Gaetano Armao ha insistito per andare avanti, dichiarandosi antistatario, cioè dichiarando di aver assistito il proprio cliente senza aver riscosso gli oneri e anticipando le spese di giudizio. Per questo motivo il processo di appello è andato avanti ed è terminato con la condanna alle spese ed una pronuncia di incandidabilità nei confronti di Francesco Giunta.
“Il danno non l’ho subito io ma la città di Termini Imerese” dichiara Vincenzo Fasone, candidato sindaco che aveva affrontato al ballottaggio Francesco Giunta. Dopo la sentenza di primo grado sono andato avanti convinto delle mie ragioni, ma devo ammettere a malincuore che l’umore della città non era a nostro favore. Temo che i nostri concittadini non riescano a comprendere quello che è successo e che continua a succedere, la portata dei problemi – continua Fasone – sostanzialmente c’è un abbassamento ogni tipo di protezione di tipo etico e morale. Termini Imerese ha calato le braghe. Occorre capire che questa, prima di essere una vicenda giudiziaria è una vicenda etica e morale. Una persona condannata per truffa ai danni dello stato che diventa Sindaco. Sembra un colmo, invece è una triste realtà. Lo sguardo dei cittadini spero che ora sia finalmente rivolto al futuro – conclude Fasone – mi auguro che questa storia serva da monito, per alzare il livello di attenzione, mettere al centro della proposta politica l’etica e la morale.”
LA VICENDA GIUDIZIARIA
Nel maggio 2017, la Commissione Elettorale Circondariale ammetteva il candidato Francesco Giunta alla competizione per l’elezione del sindaco di Termini Imerese, nonostante quest’ultimo avesse riportato, a seguito di patteggiamento, una condanna a mesi sedici di reclusione per i reati di truffa e falso
La Commissione Elettorale Circondariale, invero, aderiva alla tesi prospetta – con apposito parere – dall’avv. Gaetano Armao che sosteneva, ai sensi della legge Severino, l’incandidabilità opererebbe solo per coloro che abbiano riportato una condanna superiore a sei mesi e per coloro ai quali fosse stata contestata l’aggravante di cui all’ art. 61 n. 9 del codice penale (ossia “avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio…”); tale aggravante non sarebbe, di contro, stata applicata – in sede di condanna – all’avv. Giunta.
Per effetto dell’ammissione del candidato Giunta alla competizione elettorale lo stesso partecipava al primo turno elettorale – tenutosi in data 11 giugno 2017 – concorrendo con altri 4 candidati Sindaco e segnatamente i candidati Vincenzo Fasone, Armando Di Liberto, Pietro Sorce e Giuseppe Maria Preti. In esito al primo turno elettorale, il candidato Giunta e il candidato Fasone venivano ammessi al turno di Ballottaggio.
In esito al turno di ballottaggio, il candidato Giunta risultava essere il candidato più votato con 4.962 voti, conseguendo 116 voti in più rispetto al candidato Fasone al quale venivano assegnati n. 4.846 voti.
Vincenzo Fasone con altri, decide di presentare ricorso al Tribunale di Termini Imerese per la dichiarazione di incandidabilità dell’avv. Francesco Giunta, ma soccombe in primo grado. Nelle more del giudizio di appello (e segnatamente nel marzo 2019), l’avv. Giunta – dopo aver ricevuto, nell’ambito di un procedimento penale, un avviso di garanzia – rassegnava le proprie dimissioni dalla Carica di Sindaco di Termini Imerese.
La Corte d’Appello di Palermo – Presidente Antonio Novara, Relatore Dott. Antonino Di Pisa -, con sentenza del 10 luglio 2020, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere – essendo ormai intervenute le dimissione dell’avv. Giunta -, ma ha allo stesso tempo rilevato che ,“ se non fossero sopravvenute le dimissioni e non fosse, di conseguenza, venuta meno la materia del contendere, avrebbe dovuto ritenersi sussistente l’ipotesi di incandidabilità di Giunta Francesco alla carica di Sindaco”,
In particolare, la Corte d’Appello, aderendo alle tesi degli avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, ha rilevato che la Legge Severino non si limita a prevedere l’incandidabilità dei soli soggetti condannati – a pena superiore ai sei mesi – per i reati aggravati ex art 61 n. 9, ma reca una norma di chiusura comprendente tutti i reati che risultino, comunque, commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio.
Dunque, la Corte d’Appello, smentendo gli assunti contenuti nel sopracitato parere dell’Avv. Gaetano Armao, ha ritenuto che i numerosi reati di truffa e di falso commessi dal Giunta quale mandatario della Siae (e oggetto di una condanna a 16 mesi di reclusione), rientrino tra le cause di inacndidabilità previste dalla legge Severino.
La Corte d’Appello di Palermo ha, inoltre, condannato l’Avv. Giunta (in solido con i sig.ri Licia Fulllone, Giuseppe Di Blasi e Rosa Lo Bianco- ex assessori e consiglieri) al pagamento delle spese legali dei due gradi di giudizio liquidate in complessivi euro 6.000 oltre accessori.