Con una testata gli aveva rotto il naso. Era accaduto nel 2018. Un giovane di 18 anni, che si trovava al Maljk di Cefalù, era stato affrontato e colpito con una violenta testata da un buttafuori che, a suo dire, aveva allontanato un cliente ubriaco e molesto. Ma il giudice del tribunale di Termini Imerese, Claudia Camilleri, non l’ha pensata così condannando a 3 anni e 15 giorni Giovanni Bonanno, il buttafuori del locale, per il reato di lesioni gravi. Il 51enne villabatese – con precedenti per ricettazione, detenzione illecita di sostanze stupefacenti, porto d’armi e sottoposto anche all’avviso orale – dovrà pagare alla vittima una provvisionale da 6.500 euro e le spese legali per circa 2.500 euro. Gli atti sono stati trasmessi nuovamente al Pm valutare le deposizioni di tre testi (due colleghi dell’imputato e un cliente) che per il giudice avrebbero reso falsa testimonianza.
L’episodio, come detto, risale al 2018 (leggi la testimonianza di un ragazzo che aveva assistito alla scena). Un giovane ha denunciato alla polizia di essre stato aggredito il giorno prima dentro il locale che si trova nel lungomare della cittadina normanna. Agli agenti del commissariato di Cefalù ha consegnato il referto rilasciato dal pronto soccorso dell’ospedale Giglio dopo un esame radiologico: trauma conclusivo ossa nasali con episodio di epistassi, trauma distorsivo rachide cervicale. Queste le conseguenze dell’aggressione che gli sono costate una prognosi di oltre 40 giorni. In quella sede il ragazzo, difeso dall’avvocato Francesco Calabrese del foro di Termini, ha indicato i nomi di alcune persone che avevano assistito alla scena. Tra questi anche il fratello della vittima, un 22enne, che quella sera aveva raggiunto il fratello ed era andato a chiedere spiegazioni ai buttafuori e ai titolari del pub. Niente da fare. L’imputato, per respingere qualunque accusa, gli aveva pure mostrato la testa facendogli notare di non aver alcun segno riconducibile alle due testate. Nei giorni successivi alcuni colleghi del buttafuori, che poi ha dichiarato invece di essere un addetto alla sicurezza antincendio, hanno pure tentato di far ritirare la denuncia. Prima dicendo al padre che il figlio avrebbe dovuto invece scusarsi con l’aggressore, poi cercando di convincerlo che quella denuncia rischiava di causare la sospensione della licenza di Bonanno.
Nel corso delle indagini gli investigatori hanno chiarito quale fosse la società alla quale era stato affidato il servizio di sicurezza. Si trattava della Lion Security srl, stoppata a metà dello scorso settembre dal prefetto di Palermo Antonella De Miro che ha deciso la revoca della licenza. Il nome dell’impresa è balzato agli onori della cronaca dopo l’operazione dei carabinieri Octopus. Il titolare Francesco Bruno, si legge nel provvedimento del prefetto, è ritenuto “persona capace di sottomettersi alle pressioni e alle intimidazioni mafiose dal momento che subiva le pretese di soggetti esponenti della mafia di Porta Nuova che prepotentemente imponeva la loro presenza nelle attività di sicurezza”.
“L’organizzazione mafiosa – hanno ricostruito i carabinieri del Comando provinciale dopo il blitz che ha portato all’arresto di undici persone accusate a vario titolo del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso – aveva deciso di infiltrarsi e controllare in maniera pervasiva la gestione dei servizi di sicurezza privata espletata nei locali notturni palermitani e della provincia mediante la diretta imposizione delle persone addette ai servizi di vigilanza e il pagamento di un quantum per ogni operatore impiegato”. Chi non poteva, per un motivo o per un altro, essere inserito nelle liste comunicate preventivamente dalla società alla Questura veniva inserito come addetto alla sicurezza antincendio.