Si chiama FlyEye, “occhio di mosca”, è formato da 16 telecamere che permetteranno di ampliare il campo visivo proprio come accade nell’occhio composto degli insetti. E’ il nuovo telescopio finanziato con 20 milioni di euro (di cui 7 stanziati dall’Italia), e realizzato da un consorzio europeo guidato dall’azienda OHB Italia di Milano che sarà installato nel 2020 in Sicilia, in cima al Monte Mufara, grazie a un accordo siglato dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) con quella italiana (Asi).
Le aspettative sono molto alte, tanto che nella nuova roadmap europea per la difesa planetaria che sarà discussa in novembre nella Conferenza Ministeriale dell’Esa è già previsto il finanziamento di un secondo telescopio. “Sarà probabilmente installato in Cile, presso l’Osservatorio Europeo Australe (Eso), per completare la visione del cielo nell’altro emisfero”, spiega Ian Carnelli, responsabile del Programma Studi Generali dell’Esa. Sul tavolo, anche la possibilità di aggiungere alla rete europea per la sorveglianza degli asteroidi un telescopio in orbita, capace di scrutare il cielo anche quando gli strumenti a Terra sono abbagliati dalla luce del Sole.
“Al momento conosciamo circa il 90% degli asteroidi più grandi di un chilometro, ovvero quelli che in caso di impatto potrebbero scatenare conseguenze sull’intero pianeta. Il vero problema – sottolinea Carnelli – sono gli asteroidi più piccoli, che riflettono meno la luce risultando meno visibili. Si stima che siano decine di milioni, e ne conosciamo meno del 30%. Grazie ai nuovi telescopi, cercheremo di ampliare il catalogo includendo anche quei corpi celesti dai 30 metri di diametro in su”.
Tra i progetti dell’Esa c’è anche la collaborazione con la Nasa al primo esperimento di deviazione di un asteroide. Lo farà grazie alla missione Hera, il cui lancio è previsto tra il 2023 e il 2024, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2026 il sistema binario di asteroidi Didymos.
“Al momento non c’è un asteroide che abbia una probabilità imminente di impatto sulla Terra, ma sappiamo che prima o poi arriverà e questo è il momento giusto per prepararci”, afferma Carnelli, responsabile della missione Hera. “Il nostro ruolo sarà misurare da vicino la deviazione generata dall’impatto della sonda Dart della Nasa contro l’asteroide Didymoon. L’Italia, che partecipa all’esperimento in collaborazione con la Nasa e non attraverso l’Esa, fornirà un piccolo satellite che scatterà una decina di foto nei primissimi secondi dopo l’impatto. La sonda europea Hera, invece, proseguirà la sua missione rimanendo in orbita per qualche mese in modo da studiare l’asteroide da vicino, proprio come abbiamo fatto con la cometa 67/P attraverso la missione Rosetta. Sarebbe molto bello- conclude Carnelli – se anche l’Italia decidesse di partecipare al progetto, che ha già suscitato grande interesse sia nel mondo dell’industria che nella comunità scientifica”. ANSA