Le reintroduzioni non autorizzate (o mal gestite), compiute nei decenni passati in alcuni aree montane della Sicilia, sono alla base della proliferazione incontrollata di daini e cinghiali che oggi si registra, per esempio, sulle Madonie. Un boom demografico alla cui base, sempre per colpa dell’uomo, vi è anche l’assenza di super predatori, fattore legato principalmente ad una indiscriminata attività venatoria condotta sin dall’800, ma anche ad una semplice questione geografica. Il braccio di mare che ci separa dal “continente” è infatti un confine naturale invalicabile per animali come il lupo che, proprio negli ultimi anni, è tornato finalmente a riconquistare le montagne d’Italia, dalle Alpi all’Aspromonte.
Non fosse per quei pochi chilometri d’acqua, probabilmente, il lupo sarebbe già arrivato anche qui e sarebbe tornato a ristabilire un ordine nella catena alimentare degli habitat siciliani in modo del tutto naturale. Già perché i lupi, predando principalmente le classi giovanili, sono tra i principali fattori di mortalità di animali come i daini e i cinghiali, contribuendo a mantenere una struttura stabile nella popolazione e riducendo la dispersione degli individui. Tutto il contrario della caccia, come dimostrato da un recente articolo scientifico apparso sulla rivista Pet Management Science e firmato da un team internazionale di studiosi, in cui si evidenzia come negli ultimi decenni (1982-2012) la popolazione di cinghiali in 18 paesi europei sia aumentata in maniera esponenziale, nonostante la pressione venatoria sia rimasta pressoché stabile e a dispetto delle tante metodologie di caccia messe in atto.
Secondo la ricerca, infatti, l’attività venatoria colpirebbe principalmente gli adulti, innescando risposte compensative nella popolazione superstite che si diffonde maggiormente nel territorio, grazie anche ad altri fattori come gli inverni più miti, il rimboschimento, l’intensificazione della produzione agricola o l’alimentazione supplementare. Se dunque la caccia sportiva non rappresenterebbe un deterrente efficace per contenere la popolazione di ungulati selvatici, verrebbe naturale chiedersi: perché non reintrodurre i lupi? Abbiamo girato questa domanda a Luigi Boitani, Professore Ordinario di Ecologia Animale e Biologia della Conservazione e di Biologia e Conservazione della Fauna all’Università “La Sapienza” di Roma, impegnato dal 1973 in una serie di progetti di ricerca e di conservazione sul lupo in Italia ed oggi impegnato anche nel grande progetto di ricerca e conservazione dell’Orso marsicano in Abruzzo.
“È vero che il lupo ha sempre fatto parte della fauna siciliana – spiega Boitani – Ma se alla base non esiste un progetto concreto, a cui le amministrazioni e gli enti preposti garantiscano controllo e continuità, la sua reintroduzione è un fallimento. Il lupo è un animale estremamente adattabile. Indipendentemente dall’ambiente in cui si trova, la popolazione cresce rapidamente e si corre il rischio di trovare gli animali nei paesi, con gravi ripercussioni sociali. In questo senso bisognerebbe prevedere quindi una controllo numerico anche sulla popolazione dei lupi, ecco perché serve prima una seria progettazione”. E da dove partire se non dalla ricostruzione della distribuzione di questi grandi predatori nei boschi della nostra isola: ad oggi, non esistono studi specifici sui lupi della Sicilia del passato e le poche informazioni esistenti sono ricavate da estratti di giornale o di articoli apparsi (a fine Ottocento) sul Bollettino del Naturalista.
Successivamente si dovrebbe iniziare alla progettazione vera e propria, con il coinvolgimento degli enti preposti, delle associazioni, e dei cittadini coinvolti, per garantire capillarità nella trasmissione delle informazioni, così come continuità e controllo sullo stato di avanzamento. “Il piano tecnico va concordato con fermezza dai vari gruppi di interesse in cui tutti devono essere coinvolti, dall’amministratore all’allevatore – continua Boitani – Senza un progetto fondato non si va da nessuna parte. In tal senso un esempio è la Scozia, regione di un’isola dove i lupi si sono estinti, e dove si discute della loro reintroduzione dal 1975 senza giungere ad alcuna conclusione”. Aiutare il lupo a superare l’ostacolo naturale ed a riconquistare i suoi territori originari, avrebbe non solo un grande valore ambientale, ma anche culturale. Un gesto che andrebbe aldilà del problema di sovrappopolazione di cinghiali e daini, visto che, anche secondo il parere di un grande esperto come Boitani “il loro contenimento non può prescindere dall’abbattimento selettivo”, ovvero il controllo numerico (suggerito come soluzione anche dallo studio di cui sopra) da parte di personale specializzato e non dei semplici cacciatori. Superiamo dunque ignoranza, paure ancestrali e ridicole superstizioni, lasciamo discutere gli esperti e, come dice un bellissimo proverbio bulgaro,” chi ha paura del lupo, non entri nel bosco”.