In scena al Teatro Garibaldi di Palermo, il Muro di silenzio di Paolo Messina, drammaturgo palermitano, scomparso nel 2011 e pressocchè dimenticato. Uno studio per una tragedia siciliana, per la regia di Paolo Mannina che ripropone la prima opera sulla mafia della letteratura italiana, ingiustamente caduta nel dimenticatoio, analizzando, ante-litteram, le lacerazioni di una famiglia taglieggiata da un mafioso locale e incapace di denunciare. Dopo il debutto a Sambuca di Sicilia, città del regista, martedì e mercoledì scorso, lo spettacolo è andato in scena all'interno della settimana della Cultura di Palermo, al Teatro Garibaldi alla Kalsa. Un testo forte e di denuncia, un vero pugno allo stomaco, una scossa, un'emozione forte che ci sbatte in faccia la Sicilia e i Siciliani di ieri e di oggi o forse l'Italia e gli Italiani di sempre. L'opera di grande attualità, pubblicata nel 1958 e vincitrice del premio IDI Saint Vincent, venne rappresentata per la prima volta nel 1961 e ripresa due anni dopo a Napoli, con un cast di attori formidabili, quali Paola Borboni, Giammaria Volontè e Carla Gravina nei ruoli da protagonisti. Il dramma fece il giro d’Europa, ottenendo uno straordinario consenso di critica e di pubblico. Nel ‘65 fu trasmesso alla B.B.C. di Londra e l’anno successivo fu rappresentata a Oslo. Così nonostante i successi raccolti in tutta Europa, fu presto estromessa dal repertorio rappresentato in Italia e dimenticata. La Rai, che avrebbe dovuto mandarla in onda, la censurò giudicandola “non adatta al suo pubblico”. Così la censura che si abbattè sull'opera provocò anche l'oblio per il drammaturgo, un vero muro di silenzio per autore ed opera! Così dichiara il regista: -Da tempo ero alla ricerca di un testo “necessario” e “utile” da mettere in scena che rispondesse cioè ad una reale necessità espressiva e fosse al tempo stesso culturalmente e socialmente “utile”. Il teatro di Paolo Messina è difatti un teatro d'impegno civile, il cui senso e significato, tuttavia, vanno certamente ben al di là di questa restrittiva definizione.- Lo spettacolo è un racconto nel racconto, il teatro che parla del teatro secondo un’antica formula metateatrale rivisitata in chiave contemporanea, nel tentativo di rappresentare una tragedia siciliana. Sulla scena sei giovani talenti siciliani, tra cui Bruno Di Chiara, nel ruolo del protagonista, Giacomo, il più grande dei fratelli, rimasti orfani per l'omicidio del padre, che non osano pronunciare, chiamandolo disgrazia. Di Chiara, statuario attore madonita, di Castellana Sicula, un Jonny Depp italiano, ha debuttato lo scorso anno, con Roberta Torre, a Palermo e Milano e può definirsi una promessa del Teatro italiano che farà sicuramente parlare di sé, prossimamente. In scena è proprio lui con la sua eclettica personalità artistica a dare leggerezza alle scene drammatiche. Si muove sicuro, ora impersonando il dramma e la tragedia, ora smorzando la tensione con l'ironia e la musica della sua chitarra. Tutti gli attori, Nino Faranna, Alberto Lanzafame, Viviana Lombardo, Paolo Pintabona e Ada Simona Totaro parlano al pubblico attento e numeroso, con la bellezza dell'arte, in un tutt'uno di corpo-voce e anima, dando prova di grande bravura. La madre, interpretata dalla Totaro, riempie la scena col suo dramma e dolore che fanno di lei una vittima impotente che protegge i figli destinandoli a soccombere alle regole della morte dettate dalla mafia. Un personaggio tragico che rinvia a Sofocle. Un vero successo che parla anche madonita!