Cronaca

Omicidio Roberta Siragusa, Cassazione conferma ergastolo per Pietro Morreale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’avvocato difensore di Pietro Morreale, accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere della fidanzata di 17 anni, Roberta Siragusa, confermando di fatto la condanna all’ergastolo. Il delitto venne commesso a Caccamo, nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 2021. L’assassino cosparse di benzina il corpo della fidanzata e le dette fuoco uccidendola. Nel corso della sua requisitoria, la procura generale della Suprema Corte, aveva chiesto di giudicare il ricorso inammissibile.

Roberta, 17 anni, non fece rientro a casa e i genitori e il fratello chiesero per prima cosa a fidanzato di 19, che era uscito con lei quella sera. I due, dopo essere stati con amici, si erano allontanati ed erano rimasti soli. Morreale, che si presentò dai carabinieri con un avvocato, disse inizialmente di non sapere dove fosse la giovanissima fidanzatina, per poi virare progressivamente, di fronte all’evidenza dei fatti, sulla incredibile versione del suicidio, resa dopo avere fatto ritrovare il cadavere. Alle pendici del Monte San Calogero, a Caccamo, la ragazza si sarebbe tolta la vita dandosi fuoco e gettandosi in un dirupo. L’esame autoptico smentì questa versione: lei, colpita con una pietra vicino al campo sportivo, venne portata semincosciente e bruciata nei pressi di un dirupo dove poi fu ritrovata. Secondo la ricostruzione del medico legale, Roberta era viva quando venne bruciata.

“Scriviamo la parola fine ad un processo che finalmente stabilisce la verità. Un omicidio crudele e premeditato, sul cui autore ora c’è il giudicato della Cassazione”. Così all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Canzone, uno dei legali di parte civile della famiglia Siragusa. “Tre gradi conformi di giudizio che hanno sanzionato Pietro Morreale con l’ergastolo. Le indagini scrupolose della Procura, dei carabinieri, del Ris e dei medici legali, hanno permesso di ricostruire ogni fase di quella maledetta serata, in cui Roberta è stata prima stordita con inaudita violenza e poi data alle fiamme. Spero che tutto questo, se certo non ci restituirà Roberta – dice il legale – serva da esempio e monito, per far comprendere che la violenza non resta impunita e va combattuta con ogni mezzo, educativo, preventivo, ma anche repressivo e sanzionatorio”.

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