Non ci sono colpevoli per il crollo del viadotto Himera sull’autostrada A19. In appello è arrivata l’assoluzione per tutti e 5 gli imputati sulla vicenda del viadotto che si trova in territorio di Caltavuturo. Lo scrive il Giornale di Sicilia. In appello sono state confermate le tre assoluzioni che in primo grado erano state date all’ex sindaco di Caltavuturo Calogero Lanza, all’allora responsabile della protezione civile del Comune Mariano Sioreci e al dipendente Anas Giuseppe Siragusa. Ribaltato invece il verdetto per gli unici due che erano stati condannati in primo grado ad un anno. Si tratta dell’ex dirigente generale della Protezione civile regionale Calogero Foti e dell’altro dipendente Anas, Giuseppe Siragusa. Dalle varie parti civili, e tra queste Anas e Codacons, erano state avanzate richieste di risarcimento per milioni di euro. Considerando l’assoluzione di tutti e 5 gli imputatile istanze sono state respinte.
La storia del crollo del viadotto è nota. E’ il 2015 quando una frana investiva tre pile del viadotto della carreggiata Palermo-Catania. I piloni cedevano sotto la poderosa spinta della frana e, poco dopo, il viadotto Himera si adagiava sulla carreggiata Catania-Palermo. Nel corso delle indagini gli inquirenti hanno vagliato tutta la documentazione disponibile e assunto notizie da persone informate sui fatti. La Procura di Termini Imerese si è avvalsa della consulenza tecnica di due esperti in materia di ingegneria geotecnica e geologia, per lo studio del versante e per la ricostruzione della dinamica del fenomeno franoso. Tutti, secondo la ricostruzione che venne fatta dalla Procura, erano a conoscenza dell’evoluzione del corpo di frana che si era manifestata. Eppure, sostennero gli inquirenti, non adottarono i provvedimenti dovuti, ognuno in relazione alle specifiche competenze. Inoltre si parlò anche di condotte omissive per cause indipendenti fra loro e nelle rispettive qualità degli indagati. Gli investigatori sostennero la tesi, che non ha retto in aula in secondo grado, che erano a conoscenza delle gravi condizioni di dissesto del versante “ponendo in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti”. Ma i giudici della corte di appello l’hanno pensata in maniera diversa.