“Stiamo lucidando le maniglie sul Titanic”. Possiamo sintetizzare così, facendo ricorso ad una famosa frase dello scrittore Chuck Palaniuk, il pensiero di Francesco Giaconia sulle politiche comprensoriali in atto nel territorio delle Madonie. Nelle settimane scorse abbiamo dato la parola ai sindaci madoniti. Adesso, con la rubrica “Madonie domani”, passiamo il microfono ai più noti imprenditori del nostro comprensorio, per sentire dalla loro viva voce cosa significa lavorare ed investire in un territorio in costante spopolamento. Il primo a rispondere al nostro appello è stato il geracese Francesco Giaconia, da anni a capo di un gruppo imprenditoriale leader in Sicilia nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) e titolare di diverse attività in tutto il territorio madonita.
“Nel corso degli ultimi 20 anni non siamo stati in grado di sottrarci da un destino avverso che sembra accomunare tutte le aree interne d’Italia. Ma le aree interne non sono tutte le stesse e, al contrario di quanto si possa pensare, le Madonie avevano ed hanno ancora grandi potenzialità” afferma Francesco Giaconia.
“Partivamo da una situazione di vantaggio rispetto ad altre aree marginali della Sicilia, ma abbiamo perso terreno. Le strade, che anni fa potevano essere considerate in condizioni accettabili rispetto a quei tempi, ora sono ridotte a mulattiere. Non abbiamo saputo cogliere appieno la sfida delle comunicazioni digitali. La banda larga è assente in gran parte dei nostri centri abitati per non parlare delle campagne e delle aree rurali che, senza internet e con reti stradali e telefoniche pessime, sono tagliate fuori dalla modernità. Eppure è proprio lì che sta la vera ricchezza delle Madonie. Se poi aggiungiamo la progressiva perdita dei servizi sanitari, a partire da un ospedale che negli anni 80 era un fiore all’occhiello e che ora è ridotto a poco più di un pronto soccorso, arriviamo all’unica conclusione possibile: la perdita del bene più prezioso, il “capitale umano”. Cresciamo i nostri figli, gli facciamo prendere un diploma nelle nostre scuole, che sono rimaste l’ultimo presidio di civiltà del territorio, e poi consegniamo loro un biglietto di sola andata per andare incontro ad un futuro lontano da qui. Oggi, però, un’alternativa c’è. Lo dimostrano i tanti giovani professionisti che, grazie alle possibilità aperte dallo smart working, hanno scelto di tornare qui, dove sono cresciuti. Questo vuol dire che non tutto è perduto. Ma occorre rimboccarsi le maniche”.
Rimboccarsi le maniche per fare cosa?
Per lavorare a progetti seri, che richiedono molto impegno e anche un deciso cambio di direzione, ma che offrono molto di più rispetto alle politiche assistenziali che in questi anni hanno contraddistinto il nostro territorio. Non c’è Comune che non faccia ricorso al servizio civile. Per carità sono progetti che nascono con uno spirito nobile, ma bisogna dirlo chiaramente, non è così che si crea occupazione! Come ogni imprenditore mi confronto con i numeri, le faccio quindi un esempio. Oggi solo sulle alte Madonie ci sono più di 600 immigrati. Anche per loro si ragiona quasi esclusivamente in termini di assistenzialismo e ci sono addirittura diverse realtà dove il lavoro delle comunità alloggio è avversato dalla politica. E se da un giorno all’altra queste persone dovessero andare via? E come se cancellassimo dalla nostra carta geografica un Comune come Blufi. Quando penso ad un cambio di direzione penso, ad esempio, a politiche di accoglienza vere, che prevedano la presenza nel nostro territorio non solo di giovani maschi in età da lavoro, ma di interi nuclei familiari, con donne e bambini che frequentino le nostre scuole. Le nostre classi sono vuote! Una vera integrazione potrebbe non solo risolvere il problema della eliminazione delle cattedre ma sarebbe di giovamento anche per i nostri figli. Pensate ad una classe con ragazzi che parlano l’inglese e il francese come madre lingua. Come sarebbe più facile e naturale per tutti imparare le lingue.
Se dovesse chiedere una cosa alla politica, cosa chiederebbe?
In realtà la chiedo da tempo, ma non c’è nessuno che ascolta. Per chi fa impresa e commercio nelle alte Madonie una cosa sarebbe di grane aiuto: la strada di diretto collegamento fra Irosa e Madonnuzza. Era prevista e, se non ricordo male, anche in parte finanziata. Ma se ne sono perse le tracce. Come si fa, mi chiedo, ad abbandonare un progetto così importante?
Torniamo al problema delle strade
Esatto, ma dobbiamo uscire da un equivoco. Sento dire spesso che il commercio dalle nostre parti non si può fare perché siamo lontano da tutto. Non è vero. Non siamo lontani, al contrario, siamo la cerniera fra la Sicilia orientale e la Sicilia occidentale. Siamo solo mal collegati. Mi creda, oggi la prima voce che va ad incidere sui bilanci di un commerciante o di un artigiano sono i costi di trasporto. Se riuscissimo a realizzare un hub logistico ad Irosa potremmo rilanciare gran parte della nostra economia.
Un hub logistico ad Irosa?
Si, una stazione di interscambio commerciale. I piccoli artigiani e commercianti delle alte Madonie, e parliamo di centinaia di partite iva che offrono prodotti e servizi molto richiesti sul mercato, potrebbero abbattere costi e tempi di trasporto andando a conferire in un hub ad Irosa da dove far partire dei tir in direzione Palermo, Catania, Agrigento, Caltanissetta. Senza parlare dei mercati più distanti, abbiamo attorno a noi un bacino di più di 3 milioni di abitanti, che conosce i prodotti delle Madonie, li apprezza ma ha difficoltà a trovarli sul mercato. Eppure, rappresenta ad oggi l’unica salvezza. Veda, non dobbiamo dimenticare che lo spopolamento di mattina svuota le nostre classi e di pomeriggio svuota il carrello della spesa. La domanda interna non è più sufficiente per mantenere in piedi le nostre aziende. Realizzare un hub a Irosa può salvare la nostra economia. Certo non sarà una cosa facile ma è a questo tipo di interventi che faccio riferimento quanto chiedo alla politica un impegno maggiore. Un organismo importante come l’Unione delle Madonie dovrebbe prosi questi obiettivi, andando alla ricerca di partner importanti, pubblici e privati. Penso ad esempio alla Legacoop che sulla logistica potrebbe dare una grossa mano. Ma anche il sistema bancario deve adoperarsi. Abbiamo il credito cooperativo delle Madonie, gran bella cosa! Ma la BCC non può far finta che il problema dello spopolamento non ci sia. Deve fare un salto in avanti, deve dar un motivo concreto ai nostri imprenditori e ai nostri giovani di scegliere la banca del territorio piuttosto che una più comoda, e meno costosa, banca on line. Penso ad esempio ad una iniziativa simile a “garanzia giovani”, specificamente studiato sulle potenzialità economiche del territorio e dedicato ai giovani delle Madonie.
Insomma, bisognerebbe anche imparare a fare sistema.
Non c’è alternativa. O si fa sistema o si muore. E non vale solo per il commercio. Siamo ad agosto, le faccio un altro esempio: che senso ha riempire i nostri calendari estivi di eventi che si accavallano l’uno con l’altro? L’intrattenimento è un’industria, o produce reddito per il territorio o è meglio non avventurarsi in cartelloni estivi tanto lunghi quanto dispendiosi. Gangi, Geraci, le Petralie, Polizzi hanno a disposizione eventi culturali molto belli ed importanti. Bisogna pensarli all’interno di un calendario unico che punti tutto sulla qualità e sulla comunicazione. Abbiamo qui vicino l’esempio di Castelbuono, lì ormai da anni hanno capito che un evento fatto bene porta ricchezza e puoi anche chiedere un biglietto perché la gente oggi sa riconoscere la qualità, sgravando in parte i costi di queste manifestazioni dai conti pubblici. Anche sulle nostre produzioni di qualità dobbiamo avere il coraggio di fare un salto in avanti, superare le divisioni e lanciare i prodotti con dei marchi riconoscibili. Il lavoro che è stato fatto con la Provola delle Madonie andrebbe fatto, ad esempio anche con i nostri agnelli da latte, con gli ortaggi, con le produzioni cerealicole. Se non dai un marchio ad un prodotto quel prodotto rimane anonimo, senza identità, e non è competitivo sul mercato.
Ma alla fine un giudizio sulla governance del territorio ce lo vuole dare o no?
Guardi, per capire se la governance del territorio negli ultimi anni ha lavorato bene basta fare una valutazione oggettiva: tenuto conto dell’inflazione, il valore di case e terreni nei nostri paesi, è aumentato o è diminuito? La risposta la conosciamo tutti, e per primi la conoscono coloro che ci hanno amministrato.