Palermo

La cattura di Messina Denaro: “Ma la mafia non è sconfitta”

C’è un foglio attaccato con lo scotch che fa bella mostra di sé proprio davanti l’ingresso del comando provinciale dei carabinieri a Palermo. C’è scritto “Grazie“. Ed è il sentimento di gratitudine di tutti i siciliani (e non solo) nei confronti dei carabinieri che stamattina alla clinica La Maddalena di Palermo hanno messo fine alla latitanza del super boss mafioso Matteo Messina Denaro, uno degli ultimi padrini di mafia. Alla conferenza stampa dei carabinieri che hanno svelato i dettagli dell’indagine, erano presenti centinaia di giornalisti. Al tavolo c’erano i big dell’Arma e della Procura.

Ad aprire Maurizio De Lucia, procuratore di Palermo: “Siamo davvero orgogliosi del lavoro fatto stamattina – dice -. Un lavoro lungo e complesso che ha coinvolto tutte le forze dell’ordine. Abbiamo catturato l’ultimo stragista. Avevamo un debito nei confronti delle vittime di mafia. Anni di lavoro per arrivare all’arresto del boss Messina Denaro”.

Come ci si attendeva, le informazioni sull’indagine e sul boss sono state davvero pochissime: “Un lavoro caratterizzato da rapidità e riservatezza – dice il generale dei Ros, Pasquale Angelosanto – In poche settimane siamo riusciti a mettere insieme tutti gli elementi necessari per preparare l’operazione di oggi. Il risultato è il sacrificio fatto da decine e decine di carabinieri che hanno lavorato senza sosta, senza fermarsi mai, con un’attività investigativa incessante e continua, un lavoro corale fatto con tutte le forze di polizia che ci ha portato al risultato di oggi”. L’ARTICOLO CONTINUA DOPO LE FOTO

Attività investigativa che, come spiega lo stesso Angelosanto, ha riguardato non solo la rete di favoreggiamento del boss, ma anche quella economica: “Le indagini sono sempre andate sul duplice binario – spiega il generale dei Ros – Da un lato hanno riguardato l’impoverimento della rete militare del boss, e quindi il favoreggiamento della sua latitanza; dall’altro anche quella economica, con decine e decine di sequestri e confische”. E il generale rivela i numeri: “Negli ultimi 10 anni sono state eseguite oltre 100 misure cautelari e sono stati sequestrati e confiscati beni per oltre 150 milioni di euro. E sto parlando solo di quanto fatto dall’Arma dei carabinieri. Numeri più alti se consideriamo anche le operazioni della Polizia e della Guardia di Finanza. Azioni che hanno compromesso la struttura di funzionamento attorno al boss e che ci hanno permesso di arrivare alla retata di oggi”.

E’ toccato al colonnello Lucio Arcidiacono, che ha coordinato l’operazione, spiegare cosa è accaduto stamattina: “Ci tengo a precisare che è stata un’attività investigativa che è stata svolta in più fasi – dice – Avevamo avuto contezza che l’ex latitante era arrivato all’interno de La Maddalena. Abbiamo bloccato le eventuali vie di fuga, concentrandoci in particolar modo sulla via di accesso laterale alla struttura sanitaria. Messina Denaro è stato individuato e bloccato con un complice. Non ha opposto resistenza, non ha finto di essere qualcun altro e ha subito dichiarato di chiamarsi Matteo Messina Denaro. Ma poi, guardandolo in volto, era impossibile non riconoscerlo. Il volto era quello che ci eravamo sempre aspettati”.

Su com’era Matteo Messina Denaro, ne parla Paolo Guido, procuratore aggiunto di Palermo: “Non abbiamo trovato un uomo distrutto e in bassa fortuna – dice – Abbiamo trovato un uomo in apparente buono stato di salute, assolutamente in linea con quello che è il profilo di un uomo di 60 anni, dalla buona condizione econocmia. Attorno ha sicuramente una rete di persone che hanno sorretto e aumentato la sua latitanza. Di certo non poteva affidarsi a uomini lontani dal suo territorio, ma su questa cosa ci sono ancora delle indagini in corso”.

E poi l’appunto del procuratore De Lucia, in chiusura: “La mafia non è sconfitta, badate bene – dice – Sarebbe un errore grave pensare che la partita sia finita. Ora bisogna concentrarsi sul significato della parola mafia e capire cosa si intende per mafia. Perché c’è una mafia di borghesia che ha aiutato questa latitanza. La nostre indagini non sono finite. Mi hanno fatto piacere, però, le manifestazioni di giubilo che ho visto in città dopo l’arresto. Un segnale importante in una città come questa”. Ma le parole del procuratore sono state prontamente smentite da una manifestazione di protesta proprio fuori il comando provinciale dei carabinieri. Un gruppo di studenti ha esposto degli striscioni chiedendo il perché di questa lunga latitanza del boss.

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