Omicidio Siragusa, così Pietro Morreale tentò di depistare le indagini

Vincenzo Ganci

Cronaca - Il processo

Omicidio Siragusa, così Pietro Morreale tentò di depistare le indagini
Secondo l'accusa mentre la giovane moriva lui organizzava una partita alla Playstation

16 Marzo 2022 - 20:13

Mentre lei stava per morire, lui messaggiava con un amico per organizzare una partita alla Playstation. È quanto emerge dalle dichiarazioni dei carabinieri che si sono occupati delle indagini dell’omicidio della giovane Roberta Siragusa, delitto per il quale il fidanzato Pietro Morreale si trova in carcere.

Proprio il fidanzato, secondo l’accusa avrebbe dato fuoco alla giovane davanti il campo sportivo di Caccamo e, sarebbe rimasto in macchina a guardare e contemporaneamente avrebbe scritto all’amico per giocare alla Playstation con lui di lì a poco. Ma non solo. L’imputato avrebbe tentato in tutti i modi a depistare le indagini dei militari. Secondo i carabinieri infatti, nonostante sapesse perfettamente che era morta, alle 7.37 del 24 gennaio 2021, avrebbe continuato a scrivere alla sua ragazza, come per capire dove fosse finita: “Viii”, “Amooo””, “Cazzo fai”, le avrebbe scritto su WhatsApp, e “Non ho potuto dormire”, “Mi hanno fatto 1000 chiamate tua madre e tuo frate”, “Dove sei”, “Un’ora di sonno ho”, “Dove cazzo sei”. Un depistaggio bello e buono, per il pubblico ministero, che è stato illustrato durante il processo per l’omicidio della diciassettenne, avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 gennaio, a Caccamo.

Alle 7.22 del 24 gennaio scriveva anche al fratello della vittima: “Dove cazzo è, santo Dio, niscissi pazzu…” e l’altro rispondeva: “Ho guardato pure sopra” e Morreale: “E niente? Dove cazzo è andata” e il fratello: “Nemmeno ci prende il telefono”. Poi l’imputato affermava: “Ha da questa notte che provo, ho chiuso occhio un’ora, e ancora la segreteria, non ho capito perché sta facendo così, senza litigare e niente… Ora la cerco anche io, mi ha detto tua madre che è andata da Denise e le hanno detto che non c’è, santo Dio”. Infine, esattamente nello stesso momento in cui scriveva alla vittima “Viii” e “Amoooo”, cioè alle 7.37, tornava a chiedere al fratello: “L’avete trovata???” e il giovane rispondeva: “No”.

Il processo – come scrive Palermo Today – si sta svolgendo davanti alla Corte d’Assise e la famiglia della ragazza, che avrebbe voluto lasciare Morreale, si è costituita parte civile con l’assistenza degli avvocati Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Sergio Burgio. Parte civile sono anche il Comune di Caccamo e due associazioni che si occupano del contrasto alla violenza sulle donne. Il processo è stato rinviato alla settimana prossima, quando proseguirà l’audizione dei carabinieri e sarà anche trasmesso in aula il terribile video in cui si vedono le fiamme accanto al campo sportivo di Caccamo.

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