L’articolo di Fabio Di Gangi mostra un quadro tanto chiaro quanto preoccupante. I madoniti, gente paziente (fin troppo si potrebbe dire) sono ormai abituanti a fare i conti con una sostanziale assenza di servizi sanitari ospedalieri nel distretto di Petralia Sottana, dove l’Ospedale è stato sostanzialmente smantellato. Situazione diversa, a dire il vero, nelle basse Madonie, dove l’Ospedale Giglio garantisce un’assistenza sanitaria diversificata e qualificata. Ma quello che accade adesso rappresenta una triste novità, un ulteriore arretramento che fa paura. Ad entrare in crisi sono i servizi essenziali, quelli di prossimità: la medicina di base ed il servizio di guardia medica. Questo vuol dire che chi necessiterebbe di visite o consulenze mediche, o ci rinuncia (con quello che ne segue in termini di carenza di prevenzione) o, se può, preferisce ricorrere ai privati e pagare, pur di accorciare i tempi. Ma la sanità così diventa un lusso. In queste settimane è in discussione in tutte le Regioni, inclusa la Sicilia, la riforma della medicina territoriale che discende dai fondi messi a disposizione dalla così detta “Missione 6” del PNRR che, in tema di sanità, ha messo sul piatto per la Sicilia circa 800 milioni di euro che verranno utilizzati per la creazione di Ospedali di Comunità, Case di Comunità, implementazione della telemedicina e realizzazione delle Centrali Operative Territoriali, che dovranno coordinare queste nuove strutture chiamate a sorreggere il peso della medicina del territorio. La riforma promette bene. Secondo le tabelle trasmesse dall’assessorato regionale della Salute a Roma, sulle Madonie dovrebbero sorgere 7 case di comunità ed un ospedale di Comunità (leggi qui) ma rimane un piccolo grande problema: se mancano i medici chi garantirà l’assistenza in queste nuove strutture? Chi di competenza ci pensi già adesso perché prevenire (e programmare) è meglio che curare!