Da ieri centinaia di pazienti madoniti che necessitano di cure domiciliari sono di fatto abbandonati a causa del blocco delle prestazioni deciso dai professionisti sanitari che, dopo anni di sfruttamento, hanno deciso di incrociare le braccia. In una nota congiunta diffusa nei giorni scorsi, fisioterapisti, logopedisti, infermieri e operatori socio sanitaria delle province di Palermo e Catania hanno scritto: “Siamo spiacenti di comunicare che da giorno 1 novembre saremo costretti a non garantire il servizio di assistenza domiciliare integrata per la riabilitazione. Siamo stanchi di essere sfruttati e non percepire la giusta retribuzione per un servizio delicato e di responsabilità”.
Fra i professionisti che hanno deciso di sospendere le prestazioni anche quelli del distretto sanitaria 33 di Cefalù e del distretto sanitario 35 di Petralia Sottana. A scatenare la protesta il passaggio dalla cooperativa Adi Palermitana, che fino a ieri ha garantito il servizio di assistenza domiciliare (per conto del consorzio Sisifo e Osa che, nel 2014, ha vinto la gara indetta dall’Asp di Palermo) ad un nuovo raggruppamento temporaneo d’impresa, la OSA-Medicasa. Un subentro in corso d’opera che avviene mentre è ancora in itinere il passaggio, stabilito per decreto dall’assessorato Regionale alla Salute, dal vecchio sistema delle gare di appalto ad un nuovo sistema basato sull’accreditamento delle strutture che erogano il servizio, con la conseguente possibilità, per il paziente, di scegliere da quale realtà essere assistiti.
Intanto la OSA – Medicasa, dopo aver vinto nel 2017 una gara d’appalto fortemente al ribasso, sarà chiamata a subentrare tra qualche giorno per garantire la continuità assistenziale anche nei distretti sanitari delle madonie. Ma c’è il rischio concreto che non troverà nessun operatore disponibile, infatti, come denunciano i professionisti del distretto di Petralia Sottana: “I compensi proposti sono assolutamente inadeguati alle responsabilità che si hanno nell’esercizio della professione, dunque noi professionisti della riabilitazione del Distretto n° 35, fisioterapisti e logopedista, non intendiamo sottostare ad accordi lavorativi che sfruttano le nostre competenze, nuocciono alle intere categorie interessate e ledono la dignità personale e professionale. Con rammarico comunichiamo che non siamo stati messi nelle condizioni di garantire la continuità assistenziale; dunque, non effettueremo le prestazioni sanitarie riabilitative che spettano ai nostri concittadini madoniti. Ci tenevamo a ringraziare i pazienti ed i loro familiari per il supporto, la comprensione e il sostegno morale.”
Stessa posizione assunta dai professionisti sanitari del distretto 33 di Cefalù. Ma già da qualche giorno la protesta sta lievitando ed è ormai estesa quasi per intero nei distretti sanitari delle province di Palermo e Catania. Il malcontento generato, che come una macchia d’olio si sta estendendo a molte altre Province del territorio regionale siciliano, riguarda la retribuzione proposta per l’attivazione dell’assistenza integrata domiciliare che, allo stato attuale, sarebbe di circa 13,50 euro ad accesso per i fisioterapisti; 13.30 euro per gli infermieri; 18 euro per i logopedisti, mentre tutti gli altri costi, inclusi quelli di trasferimento e vitto, sono a carico dei professionisti, come anche gli oneri relativi alla gestione separata inps e la copertura assicurativa.
In particolare nel distretto sanitario di Petralia Sottana hanno lavorato fino al 31 ottobre 2021: 6 fisioterapisti, 1 logopedista, 3 infermieri e 1 Operatore Socio Sanitario, con un carico medio annuale di circa 500 assistiti. Molti di più gli assistiti nel distretto sanitario di Cefalù che però, di contro, fino a ieri ha potuto contare solo su 4 fisioterapisti e 2 infermieri. Fra gli assistiti ci sono malati terminali; pazienti con malattie progressivamente invalidanti; soggetti colpiti da ictus; soggetti con traumi gravi o forme psicotiche acute gravi; vasculopatici; neurolesi; pazienti affetti da sclerosi multipla; bambini con disturbi specifici dell’apprendimento. A loro ed alle loro famiglie in questo momento il servizio sanitario non è in grado di dare una riposta. Una situazione gravissima che determina una vera e propria emergenza assistenziale alla quale bisogna dare immediata risposta.