Non è affatto facile trovare materie prime sulle quali poter investire. Un settore tipicamente consigliato a chi non è in cerca di forti emozioni negli investimenti, le materie prime rischiano di dover rinunciare a questa loro caratteristica.
Nel mentre prosegue la ricerca per un vaccino al virus SARS-Cov-2, comunemente noto come Covid-19 o Coronavirus, questo continua ad imperversare in numerose regioni del mondo, molte delle quali figurano tra i principali produttori di numerose materie prime.
A farne le spese non sono solo i poveri malcapitati che vengono infettati ma anche e soprattutto i mercati finanziari. Con lo stop ad alcuni settori produttivi e una richiesta che si limita solo ad alcune materie, la crisi indotta da questa nuova pandemia non ha iniziato ancora a mostrare tutte le sue ripercussioni.
Non ne è esente nemmeno chi, investendo in commodities, ha deciso di gettarsi sui cosiddetti “beni rifugio”, costituiti per lo più da metalli preziosi.
La prima e più importante materia prima ad aver accusato gli effetti negativi del lockdown da Covid-19 è indubbiamente il petrolio. La produzione mondiale di petrolio, superiore alla domanda e attentamente regolamentata dall’OPAC, infatti, non ha retto al colpo.
Il blocco ai trasporti, specialmente quello aereo, ha rischiato di far crollare completamente il mercato e non sono pochi gli investitori che hanno sudato freddo il 20 Aprile di quest’anno, quando il WTI crollò a -37,63 dollari al barile.
Un crollo rapido e inaspettato che non ha alcun senso dal punto di vista economico: un simile valore, infatti, significherebbe, in termini pratici, che gli acquirenti del petrolio non solo non avrebbero speso nulla per le proprie forniture ma altresì avrebbero dovuto essere pagati dai venditori!
Un valore, tuttavia, significativo del fatto che l’attenzione della maggior parte delle industrie si sta ormai rivolgendo verso altre fonti energetiche e che le riserve di barili allora a disposizione erano più che sufficienti a rispondere alla scarsa domanda. Un valore negativo del prezzo del petrolio resta indicativo del fatto che l’attività di estrazione non riusciva a coprire i costi in quanto la domanda si era talmente abbassata da rendere superflue ulteriori attività.
In seguito al crash del 20 Aprile il petrolio ha iniziato a riprendersi, spinto soprattutto dalla crescente domanda della Cina: il superamento della fase più buia della pandemia ha comportato, per il Celeste Impero, il recupero a pieno ritmo dei suoi ritmi produttivi.
Restano tuttavia lontani i sogni di chi spera in un recupero delle quotazioni di inizio anno, con il petrolio che veniva scambiato a 65 dollari al barile. Attualmente il greggio non riesce a superare decisamente la Resistenza dei 42 dollari.
Anche l’oro attualmente sta attraversando una fase di pausa: bene rifugio per eccellenza, l’oro ha attraversato un periodo d’oro nello scorso anno. Fino al Maggio 2019 l’oro non riusciva a superare la Resistenza dei 1200 dollari l’oncia, ostacolato da un dollaro forte come non mai.
Le varie crisi del governo Trump e i REPO lanciati dalla FED nel corso della fine dell’anno scorso hanno fornito nuovo carburante per il rialzo delle quotazioni dell’oro. È praticamente da allora che il metallo prezioso per eccellenza sta attraversando una fase di crescita continua, superando di volta in volta i livelli storici.
Il 5 Agosto ha addirittura minacciato di varcare la Resistenza a 2000 dollari e dare via ad un nuovo trend rialzista, verso vette finora mai raggiunte. Tuttavia il rimbalzo non ha sorpreso più di tanto: il rialzo continuava ininterrotto da oltre due mesi e ha fatto guadagnare al metallo giallo oltre 400 punti di quotazione. Gli investitori in commodities tuttavia non si danno vinti e l’oro continua ad avere un rating buy molto positivo.