Erano le 7 del mattino del 28 luglio 2020 quando l’asteroide 2020 OY4, delle dimensioni di 2-5 metri, scoperto solo due giorni prima dall’Osservatorio Mt. Lemmon Survey in Arizona, ha sfiorato la Terra. Le prime osservazioni sembravano indicare che questa oggetto, che viaggiava alla velocità di 12,5 chilometri al secondo (pari a 45.000 chilometri orari), si sarebbe avvicinato ad una distanza di circa 35 mila chilometri dalla Terra, entrando pericolosamente all’interno dell’orbita geostazionaria dove sono “parcheggiati” numerosi satelliti per telecomunicazioni, meteo e militari, con il rischio che alcuni di questi venissero distrutti.
Le nuove osservazioni compiute nella notte tra il 27 e il 28 luglio, hanno permesso di determinare in modo più accurata l’orbita, confermando che, in realtà, il “proiettile spaziale” sarebbe passato a circa 36,7 mila chilometri dalla superficie, e quindi 700 chilometri al di fuori della zona di pericolo di impatto con i satelliti geostazionari: una distanza piccolissima su scala planetaria, ma comunque sufficiente a scongiurare il pericolo collisione. Alessandro Nastasi al GAL Hassin con il Galhassin Robotic Telescope 1 (GRT1) ha osservato e misurato la posizione dell’asteroide due ore prima del suo passaggio ravvicinato e ha contribuito, assieme a Luca Buzzi dell’Osservatorio Schiapparelli (Campo dei Fiori) e Peter Birtwhistle del Great Shefford Observatory (Berkshire), a “tranquillizzare il mondo”.