52 milioni di anni fa è esplosa una stella nella galassia M61 ed oggi la sua luce arriva fino a noi. Il Gal Hassin-Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche di Isnello ha catturato la sua potente emissione di luce la sera del 12 maggio 2020 con il Galhassin Robotic Telescope 2 (Grt2), che ha fatto un’istantanea di questa potente esplosione a sei giorni dalla sua scoperta avvenuta il 6 maggio 2020 con il Zwicky Transient Facility (Ztf). Sn 2020jfo, così è stata denominata la supernova, è stata osservata per quattro ore, e si trova in uno dei bracci di spirale di M61, dove vi sono le stelle più giovani, calde e massicce. E quelle che possono esplodere.
L’immagine a colori è stata elaborata successivamente, osservando l’oggetto con differenti filtri (rosso, verde e blu) e ottenendo tre immagini combinate assieme con un software. Le osservazioni sono state condotte da Alessandro Nastasi e Carmelo Falco, mentre le immagini sono state elaborate da Paolo Zampolini. Nel centro della costellazione della Vergine giace questa bellissima gemma cosmica, M61. Questa galassia è molto attiva, con un rapido tasso di formazione stellare, oltre che con un enorme buco nero sepolto nel suo centro. Ma ciò che la rende peculiare è che detiene il record di supernovae esplose fin dal 1926: ben otto. L’ultima fu osservata nel 2014.
L’esplosione di una supernova rappresenta la fase finale dell’evoluzione di una stella di grande massa, l’evento più distruttivo e spettacolare nel nostro universo. In pochissimi istanti l’esplosione libera una quantità di energia che possiamo confrontarla con la quantità di energia emessa dal Sole nei suoi cinque miliardi di anni di vita. Il pallino bianco che si osserva rappresenta il gas che si sta espandendo nello spazio interstellare. Si formeranno elementi come l’oro e il piombo e la stella iniziale non esisterà più: si trasformerà in un oggetto compatto, denso, delle dimensioni di una città: una stella di neutroni o, forse, un buco nero. La vita di una stella, dopo una tale esplosione, può continuare ma è come vedere un ex compagno di scuola ad un ritrovo dopo oltre sessant’anni: difficilmente lo si riconoscerebbe.