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Le dominazioni straniere in Sicilia attraverso i piatti della tradizione: il progetto di Assud

Una cucina dei popoli. Un modo per far conoscere le dominazioni che si sono avvicendate in Sicilia e che hanno lasciato la loro forte impronta nelle preparazioni divenute simbolo dell’Isola. Questa la missione di “Assud”, progetto di Ignazio Passalacqua a Marsala, in provincia di Trapani che per due mesi gestirà il temporary restaurant di Eataly Smeraldo a Milano. Il gruppo di Ignazio, composto da sette persone, con lo chef Alessio Catalfo, partirà a breve. Il ristorante sarà aperto dall’1 dicembre e fino al 31 gennaio. Due mesi in cui i clienti del format voluto ed ideato da Oscar Farinetti potranno assaggiare piatti tipici della cultura siciliana in cui sono evidenti le contaminazioni e le mescolanze dei popoli che sono arrivati nell’Isola siciliana. E così nei piatti si vede l’influenza tipica degli arabi, ma non mancano anche i “tocchi” spagnoli, francesi, normanni e inglesi.

Assud vuole dimostrare a Milano come la storia siciliana, ma soprattutto i piatti che tutto il mondo conosce, siano stati determinati dalle invasioni storiche. Così i grani (oggi in Sicilia se ne coltivano 52 tipi), arrivati grazie agli spagnoli; oppure la pesca del tonno, con la mattanza spiegata ai siciliani da un Rais, un uomo di origine araba; o ancora il cous cous, molto famoso nel trapanese, originario della zona del Maghreb, arrivato in Sicilia dal Nordafrica intorno al 1300; o la famosa pasta con le sarde, inventata da un cuoco arabo del generale Eufemio da Messina durante la campagna militare degli arabi nella zona di Siracusa; o il vino siciliano, ottenuto dalla coltivazione della vite diffusa in Sicilia dai greci nell’VIII secolo a.C.; o, dulcis in fundo, la cassata, nata in un convento nel 1400 ed arricchita dagli ingredienti introdotti negli anni dalle varie dominazioni (frutta candita dagli arabi, cioccolato dagli spagnoli, pasta di mandorle dai normanni).

Assud è un progetto di recupero e valorizzazione della cucina meridionale d’Italia nato per volere di Ignazio Passalacqua nel 2013 insieme a Lillo Gesone e Ivan Pagano. La loro scelta è quella di utilizzare solo prodotti provenienti dalle zone meridionali d’Italia e, dove possibile, solo da piccoli produttori. “Il nostro riferimento culinario è quello della cucina meridionale – dice Ignazio Passalacqua – Nei nostri menu non manca mai la pizza, il cous cous, le rielaborazioni del cibo da strada. Ci siamo resi conto in questi anni che molte persone non conoscono la storia che ruota attorno ad un piatto tipico della nostra cultura, come può essere un piatto di pasta con le sarde o una cassata. Noi vogliamo fare cultura attraverso il cibo. Ed è quello che faremo a Milano, cercando di comunicare la nostra cucina in maniera diversa”.

La cucina migrante, quindi, quella dei popoli. In un momento storico molto delicato. La cucina che unisce e che, creata dal miscuglio delle diverse esperienze, diventa quasi globale, mai standardizzata per quanto riguarda i processi, ma mescolanza di varie culture”. Nel menu pensato per la trasferta milanese, otto specialità che si trovarenno tutti i giorni. C’è pure un menu degustazione che propone “Cala Rossa”, un brik tunisino al Gambero Rosso di Mazara del Vallo e carciofo di Cerda e “Cuscusu”, un cous cous di pesce incocciato grosso alla marsalese. Ma poi alla carta si può scegliere tra “u pujppu affucatu”, un polpo maiolino in umido con crema di patate e curcuma; “tumminia” le busiate di Tumminia al pesto trapanese e ricotta salata; “pastachisadde”, spaghettoni con sarde, finocchietto selvatico, uva passa e pinoli; “ammaro”, Gambero Rosso di Mazara con zuppa di lenticchie nere di Ustica; “burger di spadara alla pantesca”, panino con farine di grani antichi siciliani, burger di pesce spada e insalata pantesca; “ipotesi di cassata”, al bicchiere con ricotta di pecora, pasta frolla, crema di pistacchio e canditi; “scacciamennula”, parfait di mandorla con cioccolato di Modica; “minna di Venere”, al cioccolato fondente e arancia bionda di Ribera.

E’ la prima volta che da Eataly un temporary restaurant (format ormai collaudato dal gruppo di Farinetti) affidato ad un imprenditore del Sud dura più di un mese. Solitamente, i ristoranti invitati a Milano, rimangono aperti solo per 30 giorni. E’ però ormai sotto gli occhi di tutti, l’attenzione di Eataly e dello stesso Oscar Farinetti nei confronti della Sicilia, del suo cibo e dei suoi ristoranti.

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