Di seguito un articolo di Andrea Di Piazza pubblicato da Balarm che parla dell’Abete delle Madonie.
L’abete è da tempo immemore l’emblema delle celebrazioni pagane e religiose che si compiono nel mese di dicembre. “Sempervirens” ovvero sempreverde, questa la caratteristica principale che lo ha reso un albero dal forte valore simbolico: il mantenimento di un fogliame verde anche durante i freddi mesi invernali, era considerata una sorta di inspiegabile magia dalle popolazioni del Nord Europa. In merito dunque a questa straordinaria pianta, c’è una storia tutta siciliana che vale la pena raccontare. Nel 1957, durante un sopralluogo nel territorio di Polizzi Generosa, dei botanici scoprirono alcuni esemplari di un albero che fino ad allora era ritenuto estinto.
Fino a qualche tempo fa l’Abies nebrodensis era presente in natura con una ventina di esemplari, tutti racchiusi in un fazzoletto di terra a circa 1.500 metri di quota nel Vallone Madonna degli Angeli, sulle Madonie. A lungo considerato una sottospecie del più comune Abete bianco (Abies alba), l’Abete delle Madonie è in realtà un’entità tassonomica differente. Presente in Sicilia almeno dal Terziario, un tempo era abbastanza diffuso su tutte le montagne della nostra isola, tanto che la colonia greca di Halaesa (nei pressi dell’odierna Tusa) coniava delle monete su cui era impressa la sagoma inconfondibile dell’abete siciliano.
Il suo legname inoltre è stato impiegato nei secoli scorsi nel campo dell’ingegneria navale, nell’edilizia e come legna da ardere. Uno sfruttamento eccessivo che ha ridotto la popolazione esistente a quella ventina di piante scoperte alla fine degli anni ’50, oggi protette dalle severe leggi che vigono nella zona a massima protezione del Parco Regionale delle Madonie. L’albero ha un portamento eretto o leggermente incurvato, altezza tra i 15 e i 25 metri negli esemplari maturi, chioma larga, piramidale e di colore verde scuro. I rametti sono ricoperti da aghi, corti, rigidi e appuntiti, con pagina superiore verde lucido e pagina inferiore bianco/verdognola ed hanno una caratteristica struttura a croce, motivo per cui l’albero è localmente chiamato “arvulu cruci cruci”. La produzione di una certa quantità di semi fertili da parte di alcuni esemplari ha posto le basi per l’avvio di un serio progetto di conservazione e salvaguardia dell’Abies nebrodensis.
Considerata dallo Iucn (unione mondiale per la conservazione della natura) una specie in pericolo critico di estinzione, ed inserito nella lista delle cinquanta specie botaniche più minacciate dell’area mediterranea, l’Abete delle Madonie è stato al centro di un progetto “Life Natura” portato avanti dall’Ente Parco delle Madonie tra il 2001 e il 2005. Obiettivo immediato del progetto: stabilizzare la popolazione relitta e creare nuove piantine, testandone il tasso di sopravvivenza con programmi ex-situ (in vivaio o in natura). Durante il progetto, sono stati raggiunti importanti risultati che fanno ben sperare per il futuro della delicata pianta. Innanzitutto sono ben 155 gli individui di nuova generazione, ma ancora sessualmente immaturi, già messi a dimora in natura, che si aggiungono alle 32 piante presenti nella stazione naturale principale.
Tanti i progetti che hanno previsto la piantumazione di abeti al di fuori dell’areale naturale di vegetazione: tramite la produzione di strobili e semi fertili di alcune piante, l’Azienda Foreste Demaniali ha potuto ottenere inoltre circa 3mila piante che rafforzano ulteriormente la popolazione esistente e le speranze di sopravvivenza della specie intera. A questo progetto ne è seguito un altro, finanziato dal Cipe (Conservazione dell’Abies nebrodensis e ripristino delle torbiere di Geraci Siculo), con l’obiettivo di continuare l’ampliamento dell’areale di distribuzione del prezioso abete, cercando di marcarne anche le caratteristiche genetiche tramite la raccolta dei pollini presenti nelle torbiere di Geraci Siculo (i margi) e risalenti a circa 10mila anni fa.
Se volete rendere omaggio al nostro rarissimo “albero di Natale”, rigorosamente senza addobbi e rigorosamente libero di vegetare nel suo habitat naturale, armatevi di scarponi, colazione al sacco e giacca a vento, e visitate la stazione a monte di Polizzi Generosa, magari con una delle guide autorizzate del Parco delle Madonie o con le associazioni escursionistiche che operano sul territorio. Se siete fuori allenamento, potrete comunque recarvi alla villa Casale di Polizzi Generosa o presso la villa Lanza a Gibilmanna per ammirare due vetusti esemplari scampati alla furia disboscatrice dei nostri predecessori.
(Fonte Andrea Di Piazza, balarm.it)