Cronaca

Termini, al Teatro Zeta apre la rassegna dedicata alla poesia

L’1 ottobre alle ore 18,30 presso i locali dell’Officina Teatrale Zeta Circolo Arci lo spettacolo “In bocca un fiore” aprirà la rassegna teatrale “Nella poesia l’oro” del Teatro Zeta con la direzione artistica di Piero Macaluso. Dopo lo spettacolo, nella sala Juliano Mer-Khamis, sarà inaugurata la mostra del giovane artista Giulio Adelfio. La stagione teatrale quest’anno ha come filo conduttore la poesia, non quella declamata ma la poesia della vita, la poesia che ci sfugge e che solo il teatro riesce a farci assaporare ed emozionarci.

In bocca un fiore con Michele Mulia e Piero Macaluso per la regia di Marzio Badalì è un atto unico per due attori tratto da L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello. “Sarà un misero Caffè notturno con tavolini e seggiole sul marciapiede”, recita la didascalia che Pirandello inserisce all’inizio del suo atto unico. L’uomo dal fiore è un personaggio malato, non un uomo che ha ricevuto una sentenza di morte dalla scadenza imprecisata, ma un uomo che deve portare addosso la propria condanna giorno dopo giorno, sentirne il peso, come un bagaglio indesiderato sul quale è scritto il suo nome. Coltiva un certo gusto/disgusto per la vita pur di non sprofondare nella paura e nella disperazione, attuando un processo di addentramento nelle cose, di oggettivazione di sé (da essere umano tende a farsi oggetto) che lo conduce inevitabilmente all’astrazione, a una riflessione monologante, quasi onirica.

Ma cos’è davvero questo caffè notturno che “non chiude, nossignore”, questo caffè deserto, svuotato della vita stessa? Forse è il sogno di un uomo malato, un non-luogo, come del resto ogni stazione, dove poter fare i conti con la vita e con la morte. La realtà oltre l’apparenza sensibile non è altro che metafisica, e allora il caffè notturno si svuota di ogni realismo, accantona tavoli e sedie in un proliferare di tazzine che scandiscono il tempo che passa. L’uomo dal fiore scopre la Morte che ha addosso come un insetto schifoso attaccato alla pelle, trasformato, in chiave ironica, in un piccione invadente che lo perseguita. Dopotutto l’uomo del sud ha sempre avuto, sin dall’infanzia, un rapporto familiare con la Morte: sono i morti che portano i doni per la festa di Ognissanti, e sono sempre loro a svelare in sogno numeri vincenti a parenti speranzosi. L’uomo dal fiore si è spinto oltre, lui la Morte l’ha sposata, ne ha fatto una compagna di vita che lo segue come una di quelle «cagne sperdute, ostinate, che più lei le prende a calci, e più le si attaccano alle calcagna». La Morte è un boia burlone che non mira alla testa, perché una fine veloce sarebbe troppo semplice, è un “pacifico” compagno di viaggio, specchio della solitudine di ogni uomo dal fiore in bocca.

Il prossimo spettacolo, previsto a novembre sarà Fumu, Sangu e Acqua di mare scritto e diretto da Piero Macaluso.

(Nella foto Michele Mulia e Piero Macaluso)

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