«La cosa peggiore che possa accadere è essere ucciso. Io non ho paura della morte e, anche se cammino con la scorta, so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che, se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta. Per un Magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo non impedisce né a me né agli altri giudici di continuare a lavorare».
Lo diceva in una delle sue ultime interviste il magistrato ucciso dalla mafia a Palermo in via Pipitone Federico, Rocco Chinnici. Fu li ad avere l’idea di istituire un pool antimafia.
La mattina del 29 luglio di 30 anni fa, però, a Palermo in via Pipitone Federico, un’autobomba esplose, travolgendo con la sua forza distruttiva il magistrato originario di Misilmeri, il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta ed il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Ad azionare il detonatore fu il killer mafioso Antonino Madonia.