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Mio fratello che guardi il mare

Partendo da Gangi, percorrendo la strada verso Cefalu’, passando per Geraci e Castelbuono, nei giorni di sole, subito dopo aver raggiunto le curve che precedono Geraci, si vede dall’alto un panorama difficilmente descrivibile. Le Isole Eolie sembrano potersi toccare con un dito, il mare sembra un tappeto blu, si ha quasi la sensazione di potersi  tuffare a testa in giù e provare la sensazione inebriante dell’acqua fresca e di quel mare benevolo e stupendo. Subito dopo aver superato Geraci, iniziano le curve della “discesa dei sugheri”, mi immergo nelle mille problematiche che la giornata di lavoro mi proporrà. Delle notizie, che la radio mi fa ascoltare, mi distolgono da quella splendida suggestione.

Ogni tanto, proprio nel momento più bello e struggente della mia osservazione mattutina, ascoltando “Mio fratello che guardi il mondo” di Ivano Fossati, penso proprio ad “un mio fratello” dall’altra parte, in un continente diverso dal mio, che guarda nello stesso istante quello stesso scorcio di mare. Cerco di immedesimarmi e di cambiare colore della pelle, vestiti addosso e tutto il resto, e mi accorgo che quel mare cambia colore anch’esso: diventa di un blu più scuro, quasi sinistro, come un barile pieno di domande, di un misto di speranza, vita, morte e condanna.

Condanna e consapevolezza di essere nati dalla parte sbagliata. Speranza di potersi riprendere quello che Dio ha consegnato a tutti, speranza che un giorno lo stesso Dio possa ricompensare le sofferenze appartenenti a questo specchio di mare, non più frontiera ma linea di confine fra la morte e la vita. Morte, quella dei tanti miei compagni che hanno provato a trapassare il confine blu ma che non sono riusciti a farcela. Vita, di quelli che, invece, ce l’hanno fatta, di quelli che hanno toccato la terra, di quelli che adesso vedono le Isole Eolie da Geraci.

Mi ridesto, sono al bevaio. Caffè e si riparte. L’ultimo mio pensiero va a quanti di noi, Siciliani, abitanti di Lampedusa e non solo, sono riusciti ad immedesimarsi fino in fondo in quella figura. A quanta gente, nella storia della nostra Terra di confine, ha aperto le porte, accogliendo in silenzio, senza clamore, senza pretendere nulla, né da coloro che venivano accolti né tantomeno dalle Istituzioni. Bè, credo che alla fine, un posto  in questo intreccio di destini e speranze, oltre quel mare blu scuro, a forma di barile, che sa di speranza, di vita e di morte, c’è anche per loro. Silenti operatori di pace.

Ultima curva, e poi a cercare posteggio. Si riparte con i soliti problemi, con una giornata piena di impegni e di pensieri. Alle suggestioni delle curve per Geraci penseremo domattina, magari ascoltando ancora Fossati,

Ci vediamo ogni Domenica nella rubrica di Madoniepress “E chi fa???”. Per precisazioni, commenti, spunti e altro, scrivere a gabrielescavuzzo@libero.it.

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