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L’Aida in veste “trans-contemporanea” di Roberta Torre

Oggi vi proponiamo il primo appuntamento con la rubrica VINILE. In realtà dovremmo chiamarla “Vinile e dintorni” date le intenzioni di Rosario Mangano, che curerà per noi questa rubrica, di occuparsi non solo di “dischi” in senso stretto, ma di tutto ciò che ha, o può avere a che fare, con il mondo della musica. In sostanza un raggio d'azione che illumina, più o meno, tutto lo scibile umano. Non ci resta che ringraziarlo, augurargli buona fortuna e lasciar voi alla lettura di questo pezzo sull'Aida di Roberta Torre, da oggi di nuovo in scena a Palermo.  

 

Vinile n.1 di Rosario Mangano

Si assiste ad uno spettacolo che prende forma quasi fosse un viaggio nel quale si mescolano prosa e canzoni,  fiaba e musical, parole e opera, rivisitazione in chiave quasi pop odierna. Tali ingredienti insieme spingono in una sorta di grande circo dell’Aldilà, dove un Radamès dai movimenti del corpo di pupo guerriero, rimanda ad un soldato stremato che dorme sognando sogni di una notte inquieta e senza tempo, dove una Volpe egiziana avanza nel buio di una foresta di occhi, cerca qualcosa, sente l’odore del corpo del pupo guerriero stremato a terra.

Radamès sogna il suo amore perduto mai raggiunto, un amore proibito, Aida nelle vesti trans diun immenso Ernesto Tomasino (sopranista eccentrico rinomato negli ambienti del teatro off londinese). Con la sua lingua immaginaria, Ramadès, mescola echi di poemi cavallereschi e turpiloquio – un’apparente latino antico e dialetto napoletano (riporta a tratti alla mente “Il Lonfo” di Fosco Maraini) – ci racconta della guerra che s’appresta ad affrontare. Guerra di sangue, che braccia e gambe volino ovunque, sembra urlare il guerriero alla platea. Grida, strazio e occhi sopraggiungono da ogni parte. Il Narratore/Domatore delle bestie, le Volpi egiziane, diventa specchio di una volontà di potere che diventa menzogna, poi prepotenza, una grandezza che esprime a suon di frusta.

Amneris appare in scena nell’attesa della principessa/schiava etiope Aida, che sembra ritardare. Ma si sa, le donne amano farsi belle, tutte le donne amano farsi aspettare, così è sempre stato e sempre sarà. Le due rivali si contendono, dunque, l’amore per il pupo guerriero Ramadès tra musiche e luci di un varietà anni ’90 ma all’avanguardia, che svela un segreto che ha il profumo di un inganno: Aida ama solo Ramadès nel circo che si porta dentro tra clown crudeli e scheletri nell’armadio, scatenando l’ira e la gelosia della rivale in amore Amneris. È un’Aida dilaniata, lacerata che ha perso tutto tranne la voce e grida il suo amore per Ramadès. Come dice la regista Roberta Torre sul proprio dreaming: “Qui sono tre – e uomini – ad amarsi, si amano come gli umani lo fanno, si amano di desiderio e passione, si amano di gelosia e paura, si amano di violenza e pugnalate, si amano dunque e tanto basti.”

Ramadès ha tradito la sua Patria, sa che deve pagare, questa sola va onorata e mai si può lasciare per un amore. Aida piange lo strazio del suo amore strappatole dalle braccia, nessuno la può mai ascoltare adesso chiusa in una gabbia, come il suo amato. Il pupo guerriero appare ora turbato, chiede di una patria mai vista, quella stessa che va sempre onorata e rispettata e della quale ha visto solo la tirannia di una sterminata distesa di sangue, corpi a brandelli che ha già scelto prima della battaglia ingannevolmente chi sarà il vincitore. Nemmeno il bacio rifiutato alla perfida Amneris potrà discolparlo, colpa di essere nato, colpa di avere amato, grandissima colpa. La resa dei conti è ormai giunta per ridarci l’insensata, gloriosa e sublime storia che si ripete ogni volta, da sempre che mai stanca di essere ascoltata. È la vita, una realtà nuda e cruda, sofferta e per questo umana soprattutto nella contemporanea decadenza morale e materiale di una civiltà fatta a pezzi, la stessa che si sta mettendo in atto nel Bel Paese degli ormai andati fasti verdiani di un tempo, un’Opera ancora e per sempre nostra. Aida.

Lo spettacolo nella regia di Roberta Torre, da un testo di Igor Esposito che veste i panni del guerriero Ramadès, immerse nella suggestiva e minimale scena di Roberta Crea è possibile vederlo ancora oggi nella Sala Grande del Teatro Biondo Stabile di Palermo ore 17.30 via Roma 258 – Palermo; verrà riproposto poi dal 25 febbraio al 2 marzo nella Sala Strelher, con biglietti che da botteghino partono dai 8 € (galleria ridotto studenti) ai 24 € (intero poltrona).

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