Un post pubblicato qualche settimana fa dal blog www.pianobattaglia.it ha riacceso l’attenzione sulla opportunità di reintrodurre il lupo nei boschi delle Madonie. L’input offerto dal blog a molti è suonato come una provocazione, specie considerati i disagi derivanti dall’ormai nota “questione suidi”. Ma a ben riflettere il ragionamento portato avanti dai blogger è tutt’altro che provocatorio.
La natura ha infatti un suo perfetto equilibrio che, nelle Madonie come altrove, si è spezzato a causa dell’intervento dell’uomo. Ciò è ampiamente dimostrato dalle testimonianze scientifiche di uno dei più grandi naturalisti italiani, Francesco Minà Palumbo, illustre figlio delle Madonie (nativo di Castelbuono) che descrisse palmo per palmo la flora e la fauna siciliana dell’800.
Tuttavia, come testimonia Maurizio Sarà nel suo volume “I mammiferi del Parco” la fauna che oggi popola le Madonie è molto diversa da quella minuziosamente descritta da Minà Palumbo.
La differenza più importante è la mancanza di animali di grossa taglia. “Una trasformazione negativa – scrive Sarà – dovuta a due ragioni: la prima geografica, ossia l’insularità, la seconda antropica, quindi il passaggio e la presenza dell’uomo”.
Prima delle seconda metà dell’ottocento le Madonie erano popolate da cervi, caprioli, daini, cinghiali, lupi e, nei principali corsi d’acqua anche dalla lontra. Fra gli uccelli rapaci il gufo reale, il grifone, l’aquila di Bonelli, il capovaccio, il nibbio reale e l’aquila reale.
“Cervo, capriolo, daino, cinghiale avevano nel lupo il loro predatore naturale” scrive Maurizio Sarà riportando le testimonianze di Minà Palumbo. Un sistema circolare e perfetto, chiuso proprio dalla presenza dei grandi predatori del cielo, fra questi l’aquila reale, ad esempio, che predava i cuccioli di lupo. Per non parlare del sistema di “nettezza urbana”, per liberare i boschi dalle carcasse. Compito affidato “naturalmente” al maestoso grifone.
L’estinzione del lupo ha spezzato la catena alimentare, eppure tutti sappiamo cosa sia. L’abbiamo studiata quando avevamo i calzoncini corti, appena qualche anno dopo aver imparato l’alfabeto. Eppure tendiamo sempre a dimenticarla. Convinti, forti e furbi come siamo, di poterci sostituire alle leggi di natura, manipolandole ed alterandole a nostro piacimento. Così, rimosso un animale, col tempo ci viene a mancare e si comincia a ragionare sul come farlo tornare. Ma è come voler ricomporre un vetro rotto.
Tornando al post pubblicato da pianobattaglia.it va sottolineato come subito in rete si sia scatenato un interessante dibattito fra favorevoli e contrari alla reintroduzione del principe del bosco. Per chiarire la delicata questione i blogger hanno deciso portare quella che era stata interpretata come una provocazione su un piano scientifico. Così è stato chiamato in causa il Prof. Luigi Boitani, Professore Ordinario di Ecologia Animale e Biologia della Conservazione e di Biologia e Conservazione della Fauna all’Università “La Sapienza” di Roma. “Il Prof. Boitani – ricorda il secondo post in tema di lupi pubblicato un paio di giorni fa su pianobattaglia.it – dal 1973 ad oggi ha lavorato, senza interruzioni, in una serie di progetti di ricerca e di conservazione sul Lupo in Italia ed è oggi impegnato anche nel grande progetto di ricerca e conservazione per l’Orso in Abruzzo.
“E’ vero che il Lupo ha sempre fatto parte della fauna siciliana, ma se alla base non esiste un progetto concreto e su cui le amministrazioni e gli enti preposti garantiscano controllo e continuità, la reintroduzione del Lupo è un fallimento”, questo il pensiero in breve del Prof. Boitani che ci tiene a ricordare come “il Lupo sia un animale estremamente adattabile. Indipendentemente dall’ambiente in cui si trova, la popolazione crescerebbe rapidamente e senza un progetto di base, si correrebbe il rischio di trovare gli animali nei paesi, con gravi ripercussioni sociali. In questo senso bisognerebbe prevedere una controllo numerico anche sulla popolazione dei lupi. Per questo serve prima una seria progettazione. Il piano tecnico va concordato con fermezza dai vari gruppi di interesse in cui tutti devono essere coinvolti, dall’amministratore all’allevatore. Senza un progetto fondato non si va da nessuna parte; in tal senso un esempio è la Scozia, dove si discute della reintroduzione del Lupo dal 1975, e dove probabilmente non verrà reintrodotto mai”. Il Professore ha anche risposto sulla questione dei suidi: “Certamente l’unico sistema per controllare il numero di suidi è l’abbattimento selettivo, non c’è altra scelta”.
Madonie, c’era una volta un lupo….
L’ultimo esemplare di lupo nelle Madonie sembra sia stato abbattuto nell’inverno del 1923 nei pressi di Gratteri. Della sua presenza nei nostri boschi resta una frammentata memoria. C’è traccia ad esempio, nella memoria dei più anziani, di un racconto su una battuta di caccia organizzata nei pressi di Castelbuono, conclusa con l’esposizione di tre esemplari abbattuti.
A Geraci Siculo, nel piccolo ed interessante museo privato allestito presso il ristorante Rifugio dell’Aquila, è conservato uno scheletro completo, ritrovato in una grotta. A Gratteri infine, fino a qualche tempo fa, esisteva nel piccolo museo civico comunale un piccolo esemplare imbalsamato. Sempre a Gratteri la Biblioteca comunale conserva un archivio di documenti di grande interesse, sfogliando i quali si possono ricostruire le puntate di una lotta fra uomo e lupo, condotta a colpi di ordinanze e regolamenti, terminata con l’estinzione dell’animale. Si tratta in particolare di circolari sul “problema lupo” e della corrispondenza amministrativa tra le autorità centrali ed i sindaci di Gratteri. Ci sono diversi verbali e ricevute di riscossione dei premi derivanti dall’abbattimento di circa 35 esemplari nelle località San Giorgio, Carbone, Pianetti e Pizzo Dipilo. L’art. 26 del regio regolamento di caccia del 1826 concedeva infatti una taglia per l’abbattimento dei lupi. Ed in particolare:
– Per un lupo 5 ducati;
– Per una lupa 6 ducati;
– Per una lupa gravida 8 ducati;
– Per un lupicino 3 ducati;
– Per un lupatello preso nel covile 1 ducato;
I premi più alti venivano quindi attribuiti per l’uccisione di una lupa gravida, in un’ottica di definitivo sterminio ed eradicazione della specie che arriva in via definitiva nel 1934 quando l’ultimo esemplare viene abbattuto nel bosco di Ficuzza