Il 2 Giugno di circa 68 anni fa un referendum popolare sancì la nascita della forma di governo repubblicana. Tutte le opposizioni filo monarchiche contestarono il risultato, adducendo la teoria dei brogli elettorali. Più o meno 68 anni dopo, al termine delle Elezioni Europee, le opposizioni Grilline accusano il partito vincente della tornata elettorale, il PD a guida Matteo Renzi, di brogli elettorali. E proprio all’indomani della celebrazione del 68simo anno della nascita della Repubblica, scoppia lo scandalo del Mose, a seguito di un altrettanto clamoroso scandalo, quello dell’Expo, in cui politica, finanza, economia e malaffare si trovano coinvolte nella spartizione del potere e del denaro pubblico.
Dopo una prima occhiata a questa splendida premessa, qualcuno potrebbe affermare: qual è il nesso tra tutti questi avvenimenti cosi distanti nel tempo e nella natura? Il contesto fa la storia, o forse la storia, più semplicemente, la fanno gli uomini, con le loro coscienze e la loro libertà. La storia di questo Paese è costellata di coscienze pulite e di coscienze meno pulite, di persone libere e di persone meno libere.
Allora, forse, gli eventi non sono poi così distanti, purché si colga la vera natura dei fatti e l’insegnamento che ne consegue. Non a caso, riteniamo opportunamente che, forse, se si fosse accertata la verità di quel referendum, sarebbe nata una Repubblica più cosciente e sana. E, forse, Grillo non avrebbe sbraitato contro l’avversario vincente all’indomani delle elezioni, ma, più semplicemente, avrebbe ammesso i propri errori e l’insensatezza della propria proposta politica.
E, forse, quando il funzionario della Regione Veneto e del Ministero delle Infrastrutture avrebbe ricevuto la chiamata dall’ingegnere incaricato dalla ditta X, al fine di manovrare gli appalti per la costruzione dell’imponente opera pubblica, il funzionario, forte della propria coscienza, avrebbe denunziato l’accaduto alle autorità giudiziarie, autorità che, a ragione, erano considerate rappresentanti del potere giudiziario, potere al di sopra di ogni parte e di ogni sospetto di faziosità.
Ma la storia non si fa né con i se, né con i ma, né tantomeno con i forse. Andrebbe fatta, piuttosto, con le coscienze di ognuno di noi. Noi, tutti che sempre abbiamo un cuore di pecora e uno di leone. Una parte di noi, quasi sempre brava a giudicarla la storia, a commentarla. L’altra parte incapace di cambiarla, o determinarla. Fortuna che esiste ancora, resiste verrebbe da dire, quella prima parte, capace di indignarsi, alla quale ci si aggrappa come ad una speranza. Ma è sufficiente aggrapparsi all’indignazione per nutrire una speranza?
Diceva il saggio: “La speranza non si spera. La speranza si organizza”
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